Paolo Butera

pittore

Per primo ho intervistato il mio caro amico Paolo Butera, che ho conosciuto nel giugno 2022, durante una mostra collettiva, intitolata “Artists United”, che si è tenuta alla Florence Art Deposit Gallery.

Paolo, presentati per favore agli altri. Anche tuo padre era un pittore, giusto?

Sono nato a Catanzaro, in Calabria, nel 1956, poi a 4 anni mi sono trasferito con la mia famiglia a Firenze. Sì, anche mio padre era un pittore, si chiamava Francesco Maria Butera. Lui è stato il mio primo ispiratore, dipingeva arte figurativa nelle chiese, e preparava anche il presepe. A 6 anni mi portava in giro per Firenze, nel centro della città, ed anche dentro le chiese fiorentine. È stato il primo pittore della famiglia. È morto a 95 anni, nel 2010.

Quando lui preparava le opere per la festa dell’Immacolata e l’allestimento per il presepe io lo seguivo, e dopo la sua morte ho continuato a fare il presepe, questa cosa mi piace tantissimo. Addirittura sono arrivato a fare il ruscellino con l’acqua e le casine arabe, una cosa molto tradizionale, come mi ha insegnato lui.

Andavate sempre d’accordo?

Ci sono anche stati dei momenti di scontro artistico, perchè lui quando è venuto a Firenze continuava a fare arte figurativa, paesaggi, dipinti nelle chiese, in stile rinascimentale ad esempio un Cristo, che io posseggo e a cui sono molto legato.  Io dopo un po’ sono passato all’astrattismo, e lui mi ha detto „questa non è arte”, ma io gli ho risposto „senti, io di arte figurativa ne ho già fatta tanta anche a scuola. A me principalmente piace avere un foglio, una tela bianca, ed esprimere quello che ho dentro, te invece non fai altro che copiare ciò che hanno ideato altri”. Allora lui mi ha detto „queste che fai tu sono picate [in calabrese schizzi] e basta”. Avevo un foglio bianco in mano, gli ho detto „prova a fare te uno schizzo come lo faccio io se ti riesce”. Ha sbuffato e se ne è andato. C’è sempre la passione, il trasporto, anche il rispetto, però ero polemico.

Francesco Maria Butera, Cristo, olio su tela

Oltre al tuo babbo c’erano altri artisti nella tua famiglia?

C’era mio fratello, Enzo Butera, lui ha fatto sculture in vari paesi europei, era famoso come scultore, una mia sorella dipingeva mentre un altro fratello ha fatto un po’ di teatro. Insomma una famiglia dove l’arte si mangiava a colazione – detta alla fiorentina.

Parliamo del tuo lavoro: puoi parlare ai lettori del tuo stile artistico? Lo hai definito astratto.

Non disdegno il figurativo ogni tanto, ma principalmente io parto con dei colori e poi ci ripasso sopra con delle rifiniture che possono essere a penna oppure color argento, oro, ci rilavoro sopra spesso, un po’ come quando si prepara una torta moderna, prima è grezza, poi viene rifinita per bene. Però queste cose le faccio senza un progetto iniziale. Se per esempio vedo una bottiglia verde, in quel momento mi ispira il verde, io non rifaccio la bottiglia ma uso il verde e ci lavoro sopra. E mi piace tantissimo.

Insieme dei quadri realizzati da Paolo Butera

Chi ti ha influenzato di più nel tuo lavoro creativo? Possiamo dire che è stato il tuo babbo o no?

Il babbo mi ha fatto amare l’arte in generale, ma come influenza indicherei i grandi artisti del passato, per esempio Escher, che ha una mostra in questi giorni proprio a Firenze. Poi come pittore amo molto anche Modigliani. Inizialmente ho studiato un po’ di geometria ed architettura e mi veniva spontaneo usare diverse figure geometriche e poi trasformarle come al solito. Poi pian piano la figura geometrica è venuta meno e sono passato alla raffigurazione organica.

Altra ispirazione l’ho avuta dai pittori tipo Mondrian che usava molto il colore in forme squadrate. Poi c’erano i grandi del passato, Van Gogh per dirne uno o Gaugin che usavano tanto i toni del giallo inserendoli nel blu. Questi gialli erano intensi, sono queste le cose che ti fanno amare il colore. Certo, ogni tanto, non disdegno fare qualcosa in bianco e nero.

4-5 anni fa sono stato a Viareggio e per caso sono passato davanti allo studio di un pittore anziano, di oltre 100 anni, ma giovane nei pensieri e ragionamenti, si chiamava Michetti, lo avrei invitato volentieri per una cena „artistica”. È morto a 107 anni. Mi disse che preferiva i giovani di passaggio ai vecchietti come lui, poiché con loro poteva parlare dell’arte e non di malanni ed acciacchi. Anche lui era un artista figurativo ed astratto, dunque mi è piaciuto molto come persona.

Nell’arte si può spaziare da Michelangelo a Modigliani ad Escher. Ognuno ha qualcosa da trasmetterti.

Chi possiede i tuoi quadri?

Lavoravo in un ufficio in corte d’appello a Firenze dove entravano sempre avvocati, ero al pubblico e trascrivevo le sentenze, ed in quelle occasioni si creavano rapporti. Invece di tener appesa una fotografia, un manifesto, dietro la mia schiena mettevo i miei quadri. Qualcuno chiedeva di chi fossero i quadri, io rispondevo che ero io l’autore e presto si è sparsa la voce. Molti i miei quadri sono in studi legali, in uffici, o presso famiglie, i miei foulard le portano le avvocatesse.

Una volta è venuto un avvocato che mi fa „lo sai Paolo, sono stato in uno studio legale, e ho fatto, ma quello è un Butera” lo aveva detto senza vedere la firma, aveva riconosciuto il mio stile.

Mi sono sentito felice, è nato tutto come un’ispirazione, tutto quanto, e sta diventando una cosa piacevole, speriamo duri per altri 10 anni per lo meno.

Un mio quadro è addirittura finito in Olanda, ad Amsterdam. In un ristorante molto bellino e chic di Pietrasanta ho esposto un dipinto astratto, era solo una tela ma, un turista olandese se ne è innamorato, lo ha comprato, se l’è infilato sotto braccio ed è andato via come se fosse una baguette.

Paolo Butera con il dipinto “olandese”

Dove trovi ispirazione per il tuo lavoro attuale?

In questo momento sto preparando dei bozzetti per le nuove mostre. In pratica io parto dai colori, ho un periodo dove uso molto il viola, sarà perchè sono di Firenze, per la passione calcistica, c’è la Fiorentina, però mi piace fare degli astratti con il viola e fra un po’ farò una mostra di solo dipinti viola. Non la chiamerò „viola forever”, troppo semplice, forse „Firenze in viola”, non lo so. Anche per questi sono ispirato soprattutto la notte, mi piace la pace, il silenzio, la luce della lampada. Di giorno non ho problemi, posso dormire poiché sono in pensione e non vado più a lavorare. Ovviamente mia moglie la sera dorme e talvolta anche io siccome non dipingo tutte le notti. Lei è molto brava nel giudicare i miei dipinti. È sempre presente nella mia vita, l’anno prossimo facciamo 40 anni di matrimonio. Dunque mi conosce perfettamente.

Ho capito bene che anche tuo figlio dipinge? Che cosa è Buterart?

Buterart è un progetto creato insieme a mio figlio Andrea, il termine indica sia il dipinto che il foulard creato a partire dal bozzetto. Lui ha frequentato il liceo artistico, poi l’accademia di belle arti, ora fa l’insegnante di sostegno nelle scuole superiori, lui dipinge, a detta sua, anche meglio di me. Secondo me non c’è meglio o peggio ma se pensa così, vuol dire che l’ho spronato bene e sono contento se lui riesce ad esprimere la sua arte anche se superiore al babbo. Mio padre invece, pur volendogli un gran bene, non mi permetteva di attaccare i miei quadretti, sul muro dovevano esserci solo i suoi.

Come ti è venuta l’idea di far stampare le tue opere sulla seta?

Qualche anno fa alcuni amici hanno visto i miei dipinti e mi hanno detto perché non ne facessi dei foulard. „Questi colori sono talmente vivi che sulla seta risulterebbero ancora più forti”.

In passato ho giocato insieme ad un ragazzo che poi è diventato un noto produttore di stoffe ad Arezzo. Lui sapeva che disegnavo perché avevo fatto un post su Facebook di un mio disegno, scrivendo che se indovinavano il titolo, avrei regalato il bozzetto. Lui indovinó ed andai per consegnargli il premio, ma ne approfittai per chiedergli delle stoffe e di come portare avanti il progetto dei foulard. Lui chiamó i suoi contatti di Como ed io gli consegnai un secondo quadro dal titolo „Lenta visione” perché vi era raffigurato un albero colorato e sotto, fra le radici, c’era una tartaruga con gli stessi colori dei rami. Questo fu il primo foulard.

Quando doveva consegnarmi il foulard, siamo ritornati con mia moglie ma, inizialmente, non gliel’ho fatto vedere. A un certo punto, mentre eravamo in centro, dal mio zaino, l’ho tirato fuori e gliel’ho messo intorno al collo. È stato un momento toccante.

Dai dipinti ho fatto i relativi foulard, pochi pezzi, sono riuscito a venderne 13-14 facilmente.

Paolo Butera, Lenta visione, foulard (seta)

Parlando di momenti speciali, nella tua vita artistica, qual è stato il più emozionante?

Nei pressi della sede della Regione Toscana abbiamo fatto una mostra bellissima, il titolo era „Tre generazioni”. Avevo fatto un quadro dove c’era mio padre in alto, mio figlio in basso, e sulla sinistra io. Eravamo tutti e tre presenti. Mio padre era ancora in vita, e c’erano i quadri di tutti i tre. È stato un momento molto emozionante, anche perché è difficile che di tre generazioni tutti facciano pittura ma ognuno a modo suo.

– nella foto: Francesco Maria Butera (seduto), Paolo Butera (a sinistra), Andrea Butera (a destra),
– opera di Paolo Butera: Tre generazioni; Francesco Maria Butera (in alto), Paolo Butera (a sinistra), Andrea Butera (in basso)

Da dove vengono i titoli?

Posso dire che mi aiuta mia sorella Vanda. Anche lei dipingeva ed è una nottambula, per cui adesso la notte io le mando via whatsapp la foto del bozzetto e lei gli mette il titolo.

Nel caso del mio dipinto intitolato „Aborigeno”, il nome è stato dato da mia cugina, che vive in Australia, a cui ho regalato la versione su foulard. Nel vederlo ha pensato che avesse uno stile puntiforme, quasi aborigeno, da cui il titolo.  Il quadro originale invece è in uno studio legale del centro di Firenze. Tutti quadri hanno un’originale che io chiamo bozzetto.

Perché lo chiami bozzetto e non quadro?

Il bozzetto è un’idea, cioè è un quadro piccolino, di partenza, ma nel futuro ci sarebbe l’idea di fare un quadro più grande, non uguale, però. Ecco perché lo chiamo bozzetto. Molti artisti del passato hanno fatto i bozzetti, da alcuni sono venuti fuori dei quadri meravigliosi, altri sono rimasti tali. Nel mio caso sono 43.

Uno dei bozzetti di Paolo Butera

Sono parecchi, cosa vorresti farne?

Te lo dico in anteprima, io conto di arrivare a 99 bozzetti. Non so ancora quando, forse fra un anno e mezzo, ma voglio fare una mostra qui a Firenze. Si chiamerà 99.

Se mi chiedi perché non arrivo a 100 e la chiamo in quel modo, allora ti rispondo che 100 è la perfezione; siccome mi piace l’uomo e l’uomo non è perfetto, la chiamo 99.

Chi è stato il tuo più grande sostenitore o fan?

Potrei dirti mia sorella per l’aiuto con i titoli, ma chiaramente tutto il percorso l’ho fatto con mia moglie ed è lei la mia fonte di ispirazione ma è anche un giudice severo, se lei dice questo non mi piace, non la convinco. È giusto avere questo rapporto. Poi c’è un mio amico commercialista, che ha comprato foulard e quadri con cui ha riempito tutta la sua casa.

Vuoi aggiungere qualcos altro sulla tua arte?

È una cosa che mi fa stare bene, attraverso la mia arte, specialmente di notte quando sono da solo con me stesso ed ascolto della musica in cuffia, che sia leggera oppure sinfonica, vivo in un mondo mio. In quel momento riesco ad essere tutto uno con la tela o col materiale che ho vicino. E quello mi intriga molto. Dunque io consiglio la pittura anche come terapia. Ogni volta che dipingo sto bene. Sono stato male per due mesi e non potevo dipingere. Mi mancava la pittura.

Puoi dare agli altri artisti qualche suggerimento o indicare la strategia che segui per gestire feedback negativi o il rifiuto?

Per me devono esprimersi anche se ottengono dei pareri negativi. Siccome io reputo la pittura una terapia, anche se ricevo pareri negativi, quando io dipingo sto bene. Poi se ti riesci a vendere è un’altro discorso, ma se ad uno piace disegnare o dipingere, lo può sfruttare come momento positivo. Tutti esprimiamo qualcosa col nostro tratto, anche scarabocchiando su un foglio. È un modo di essere, ti fa sentire più presente nella realtà, è una cosa piacevole anche se si riceve feedback negativi. Poi ci sono dei pittori professionisti che forse sono in grado di parlarne meglio di me.

Infine, le persone possono ordinare pezzi personalizzati? Dove possiamo visionare i tuoi lavori?

Diciamo che le persone scelgono fra i miei pezzi, e mi possono chiedere un tema, ma poi intervengo di fantasia, comunque prova a chiedermi un pezzo personalizzato e vediamo cosa viene fuori. Se vogliono possono mettersi in contato con me tramite e-mail oppure tramite messenger.

Possono trovare le mie opere su Instagram, Facebook e sul mio sito web.

https://www.instagram.com/paolobutera56

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buterart@gmail.com