Lucia Baccini

artista/urban sketcher

Lucia ed io ci siamo conosciute ad ottobre 2018, durante un incontro per disegnare in Piazza Poggi a Firenze. Ho saputo del programma tramite il Firenze Drawing Club, ma era un evento congiunto con Urban Sketchers Firenze.

Lucia, presentati per favore agli altri, lavori come architetto e dipingi nel tuo tempo libero, giusto? Come ti definisci? Come architetta o come pittrice?

Di questa domanda mi colpisce la parola pittrice, perché per me prima della pittura viene il disegno. Questo è forse l’origine del mio essere un’architetta, perché il disegno di architettura è stato il mio modo di portare in un’attività professionale quella che era la mia passione di sempre. Sin dai miei primi ricordi di bambina, ho sempre amato disegnare. Ho stabilito questo compromesso che ha funzionato felicemente per 20 anni. Ed è anche una cosa di cui sono piuttosto orgogliosa. E adesso c’è questa tua domanda che mi fa riflettere. Lavoro come architetta e nel tempo libero faccio la pittrice o l’artista, o forse è meglio dire: l’aspirante artista? Autodefinirsi artista sembra presuntuoso, no?

Io mi definisco un’artista, e non mi sento presuntuosa affatto. Fare l’artista ha ugualmente valore come fare qualsiasi altro lavoro. Se ti senti un’artista, va bene così.

Allora, nel punto attuale del mio percorso, comincio a sentirmi più un’artista che comunque fa l’architetta, poiché al momento è quest’ultima l’attività principale.

Qual è il tuo momento ideale della giornata per dipingere?

In questa fase della mia vita, sicuramente il momento migliore è la sera quando trovo quegli attimi di quiete e di tranquillità, a volte anche di isolamento, di cui ho necessità per realizzare le mie cose. Questo ovviamente vale per un certo tipo di lavori, quelli che posso fare in studio, l’attività di urban sketch invece necessita di svolgersi dal vivo, quindi all’esterno e questa attività ovviamente devo svolgerla alla luce del sole, di giorno.

Sì, so che esci spesso con altre persone a disegnare e dipingere.

Esco con i membri del gruppo di Urban Sketchers Firenze che permette alle persone, anche solo di passaggio a Firenze, di unirsi e venire a disegnare. Questa è un’occasione bellissima, di incontrare persone che condividono gli stessi interessi, pur venendo da contesti diversi. Con questo gruppo facciamo degli incontri nel fine settimana, quando più o meno tutti siamo liberi dagli impegni lavorativi e ci ritroviamo a Firenze o nei dintorni. Quando le condizioni meteo sono un po’ avverse, talvolta ci troviamo all’interno di musei oppure di posti interessanti al chiuso come possono essere la Biblioteca delle Oblate, la Manifattura Tabacchi, il Santarosa Bistrot, uno dei nostri posti preferiti, o il Conventino. Abbiamo dei luoghi che amiamo e in cui ci ritroviamo per disegnare insieme quando non possiamo stare fuori.

Cupola di Santa Maria del Fiore, vista dalla Biblioteca delle Oblate. Tecnica mista su taccuino.

Un’altra cosa che amo fare e che negli ultimi due anni si è sviluppata in maniera crescente, è il disegno di figura. Per questo tipo di attività uso delle foto di riferimento che prendo dal web, immagini libere da diritti. Tuttavia amo più disegnare dal vero e anche a Firenze ci sono diversi posti dove è possibile farlo. In piazza Santa Croce, c’è uno studio (Santa Croce Arte), dove si tengono le “Sketch Night” che frequento abbastanza spesso. Anche “Sotto al British” è un ottimo posto per fare figura dal vivo. Di sicuro ci sono anche altri luoghi che magari semplicemente per motivi di orario o per motivi logistici non ho avuto modo di provare, ma che sicuramente sono di mio interesse o lo saranno in futuro.

Figura eseguita dal vero con tecnica mista (matita acquerellabile, acquerello).

Da dove nasce l’idea di fondare il gruppo fiorentino di Urban Sketchers?

Io sono venuta a conoscenza dell’esistenza degli Urban Sketchers nell’ormai lontano 2009 e capii che volevo farne parte. All’epoca esistevano tantissimi urban sketchers nel mondo ed in Italia, ma non ne conoscevo vicini a me. Scrissi a coloro che gestivano la piattaforma web del gruppo che volevo anche io essere elencata fra i membri che comparivano all’epoca nel loro blog. L’opportunità di fare un gruppo si è presentata un po’ più avanti quando cominciando a fare mostre di urban sketch e di taccuini di viaggio ho conosciuto altre persone e mi sono collegata ad altri sketchers fiorentini. Inizialmente ci incontravamo soltanto una volta ogni tre mesi in occasione degli sketch crawl internazionali che sono delle maratone di disegno, per realizzare sketch dal vero e pubblicarli su una piattaforma specifica. Durante questi eventi ho conosciuto ad esempio Roberto Malfatti, che ora è una delle colonne di Usk Firenze, ma il fatto che ci incontrassimo così saltuariamente non favoriva il formarsi di un vero e proprio gruppo. La svolta è arrivata quando ho conosciuto nel 2017 un gruppo che da alcuni mesi si ritrovava a Firenze per dipingere ad acquerello. Era il gruppo che ha formato Natus Rodríguez, il gruppo di Acquafirenze. Ovviamente a me questa cosa è piaciuta subito e ho cominciato a partecipare alle loro uscite. Fra i loro membri ho colto il desiderio di dare vita a un vero e proprio gruppo di Urban Sketchers. Così a settembre del 2018 abbiamo cominciato a fare delle uscite come Urban Sketchers Firenze.

Foto del gruppo Urban Sketchers Firenze, incontro nella piazza di San Pier Maggiore.

Su Instagram troviamo disegni e dipinti sia di architettura che di figure umane. Molto interessante questa dualità. Potresti parlare di questo?

I disegni architettonici derivano dalla mia formazione di architetta. Quando ho cominciato a fare i miei primi lavori ad acquerello, i soggetti a cui mi sono rivolta spontaneamente sono state delle vedute architettoniche e diversamente da molti allievi della mia maestra di acquerello, io ho sempre lavorato su fotografie mie, vedute che ritenevo interessanti, che mi emozionavano o magari anche collegate a luoghi che avevano un significato per me. Questo è il criterio che uso quando dipingo.

Uscita di Urban Sketchers Firenze in piazza Santa Trinita.

Sì, penso anch’io che sia importante trasmettere le proprie emozioni nella pittura.

Secondo me una fotografia interessante come se ne trovano tante in rete è già un’opera d’arte compiuta in sé e non sento il bisogno di operare il passaggio per farne un acquerello. Preferisco una fotografia forse non perfetta, ma fatta da me. Quando scatto una fotografia è perché stavo pensando qualcosa e mi è venuta l’ispirazione, da lì nasce tutto il lavoro. Poi ovviamente ci sono gli urban sketch, ci si ritrova in un certo punto della città, ci si guarda intorno, si possono ritrarre le persone, ma io solitamente preferisco le architetture, non tanto i monumenti da cartolina, ma l’insolito, qualcosa che colpisce la mia attenzione. Ecco, questo è il modo che preferisco usare per scegliere i miei soggetti.

Torniamo un secondo sui soggetti figurativi presenti sul tuo feed di Instagram. Quando hai iniziato a lavorare su di essi?

Se devo identificare il momento che ha acceso il mio interesse per questa tipologia di soggetti, direi che è stata la mostra di Jenny Saville che ho visto al Museo del ’900 a Firenze, dove erano esposti dei bellissimi dipinti e disegni. Quello che veramente mi ha colpito profondamente furono i disegni dei corpi. C’erano figure femminili e coppie. Mi hanno molto emozionato, sia per la tecnica, che per la loro qualità e mi hanno fatto desiderare di disegnare anch’io dei soggetti simili. Volevo esplorare anch’io questa cosa, sia il corpo femminile che mi coinvolge direttamente in quanto donna, sia il binomio maschile-femminile, perché comunque è un’esplorazione molto interessante sui corpi e sulle emozioni. Voglio menzionare anche Marlene Dumas e Tracey Emin che seguo e trovo molto interessanti. Hanno un modo di trattare la figura umana come corpo che esprime forti emozioni, che sento affine, e le considero un po’ le mie traghettatrici verso questo mondo in cui mi sto muovendo. In questo caso ovviamente è difficile lavorare dal vero, non è facile trovare soggetti. Facendo ricerche molto lunghe e laboriose sul web tuttavia si riescono a trovare delle cose buone che quasi sempre necessitano di una mia rielaborazione, ad esempio modifico la figura femminile rendendola somigliante a me. Ogni volta che disegno un corpo femminile in qualche modo sto disegnando me stessa.

Come ti rapporti con la sensualità dei tuoi quadri?

È un lavoro che più vado avanti e più si rivela appassionante e devo dire, trovo anche interessante le reazioni delle persone e dei miei amici. Qualcuno mi fa notare che sono eccessivi oppure che dovrei moderarmi, controllarmi. Non sono indifferente, ma allo stesso tempo sono consapevole che proprio queste reazioni che possono essere di fastidio o anche di ironia implicano che ho toccato le persone nell’intimo. Se li trovassero delle cose fredde, accademiche, probabilmente non susciterei altre reazioni che non giudizi prettamente tecnici. Mi sono ritrovata a riflettere anche sul corpo, che è in gioco in questi disegni, anche se è qualcosa di conflittuale, perché tendiamo a negarlo molto. L’attività stessa di disegnare è attività corporea. Per lo stesso motivo non sono riuscita finora ad appassionarmi alle tecniche digitali. Mettere un dispositivo fra me e il mio lavoro, in qualche modo mi crea un ostacolo, mi rende le cose più difficili anziché facilitarle come dovrebbe.

Nonostante i buoni consigli che comprendo e di cui apprezzo l’intento, non penso di smettere di ritrarre questi soggetti.

“Notte blu di fine estate”. Tecnica mista (matita acquerellabile e acquerello).

Parli di attività corporea legata alla pittura ma hai praticato sport o attività fisica?

Sì, ho studiato danza contemporanea per alcuni anni, e devo dire che ho cominciato a farla da adulta. Quindi l’ho fatto con una consapevolezza e con un approccio che è diverso da quello di chi vi si avvicina da giovane. Studiare danza contemporanea è stato dal punto di vista della conoscenza del corpo qualcosa di molto interessante. Ho scoperto cose che prima non avevo mai sospettato, ad esempio che il corpo ha una sua intelligenza, che si può vedere con la nuca e in generale che conosciamo molto poco il nostro corpo.

Più diventiamo esseri digitali, sempre piú il corpo rischia di restare dimenticato. Io vorrei invece che rimanesse sulla scena e mantenessimo sempre viva la nostra connessione con tutte le parti del nostro corpo.

Fabriano in acquerello. Com’è andata la selezione con il dipinto intitolato L’alba? Ho visto un post su questa competizione, partecipi spesso a questo tipo di eventi, gare?

Purtroppo non ho passato la selezione. Questo dipinto “L’alba” è un dipinto ad acquerello che rappresenta due figure insieme in un letto, si vede l’uomo che dorme appoggiato al corpo di lei che ha lo sguardo socchiuso. È un lavoro molto personale, riflette qualcosa di autentico che ho sentito, e ho scelto di mandarlo a questo concorso per aumentarne la diffusione.

“L’alba”. Acquerello su carta.

In passato ho partecipato alla selezione di Monza e di Urbino in acquerello. Sono occasioni importanti perché si è sollecitati a dare il meglio di sé per produrre qualcosa e questo è sempre uno stimolo interessante. Tuttavia, andando avanti nel tempo l’aspetto espositivo tende ad interessarmi meno, quindi non so se in futuro continuerò a partecipare.

Discorso diverso per le mostre “Festival Autori Diari di Viaggio” a Ferrara e “Matite in viaggio” a Mestre, festival dedicati ai taccuini di viaggio. In questo caso partecipare ha un significato diverso, si tratta di taccuini, non di quadri, è un momento di incontro e di scambio con altre persone. Lo scopo è quello di confrontarsi con gli altri, persone che fanno le stesse cose tue, ma in modo diverso e possiamo imparare gli uni dagli altri. Nel mio caso sono nate delle belle amicizie che stanno durando negli anni e spero ne nasceranno ancora.

Quali sono alcuni dei tuoi modi preferiti per lasciare segni nella tua pittura?

Una dei miei tratti distintivi, soprattutto negli ultimi lavori di sketch urbano, è l’uso del colore sia per il disegno sia nella pittura. Il colore dà un’emozione che il disegno da solo non suscita, forse è qualcosa che si rivolge più all’intelletto. È difficile emozionare col disegno, forse perché io ancora non ho quella espressività di disegno dei grandi artisti, al momento riesco a trovarla nel colore e mi sembra che funzioni bene. Non è escluso che sviluppi futuri potranno farmi cambiare.

Amo anche usare le tecniche miste. Perché fare un lavoro artistico oggi limitandosi dentro i confini di una tecnica codificata, può essere artificioso a volte. Mi piace molto abbinare tecniche diverse, vedere il pennarello che si fonde con l’acqua. Quando poi vado a colorarlo uso sia gli acquerelli che le matite, oppure a volte comincio con una penna e poi dopo finisco con le matite. Mi piace un po’ esplorare, devo dire che ogni mio lavoro è un esperimento e anche un’occasione per divertirmi. Questi taccuini di sketch che faccio in strada, sono un po’ una palestra di tecnica.

Lato posteriore di Palazzo Vecchio, realizzato durante un incontro di Urban Sketchers Firenze. Tecnica mista su taccuino.

Qual è un’opera d’arte che non hai mai dimenticato? Un’opera che hai visto in una mostra, un’opera di uno tuo amico, un’opera di un’artista famoso oppure una delle tue opere che ti significa tanto.

Vivendo a Firenze, frequentando musei e mostre, di opere d’arte ne conosco e apprezzo tantissime. Per i nudi, amo le figure di Matisse dipinte, ma anche quelle ritagliate e incollate.  Ho avuto modo di vedere dal vivo i suoi lavori, sia in una mostra a Ferrara alcuni anni fa, sia durante un viaggio in Costa Azzurra. Una cosa di lui che mi colpì moltissimo e che porto sempre con me è il racconto degli ultimi anni della sua attività artistica. Nelle fotografie che lo ritraggono è un vecchio signore costretto a letto, seduto in grosse difficoltà di movimento, che tuttavia creava usando pennelli collegati a delle aste che gli permettevano di raggiungere le pareti della sua stanza d’albergo. Dipingeva, oppure lavorava con il collage.

Se uno va a vedere i lavori che lui ha creato in questa maniera, c’è la massima gioia di vivere.

Ci sono queste figure danzanti, queste donne colorate dalle forme flessuose che saltano, danzano, una gioia di vivere proveniente da un corpo così duramente provato dalla malattia.

È una cosa che mi ha colpita in maniera definitiva perché penso che finché uno ha la possibilità di esprimersi e di creare, ha la possibilità anche di essere felice nonostante tutte le debilitazioni che la vita ci può infliggere. Una cosa che non potrò mai dimenticare e quindi sicuramente i suoi lavori sulla figura sono bellissimi, interessanti.

Per quanto riguarda il paesaggio mi piace Raoul Dufy che è dello stesso periodo e ha uno stile affine a quello di Matisse. La mia massima aspirazione sarebbe riuscire a dipingere le figure come Matisse, i paesaggi come Dufy.

Hai fatto propositi riguardo la tua arte per quest’anno?

Voglio trovare sempre più tempo per la mia arte. Penso sia una cosa condivisa da molti. Forse in altri momenti l’ho un po’ arginata. Ora è mia intenzione permetterle di avere sempre più spazio e vedere quello che succede. Vedo che più spazio le do, meglio mi sento.

Infine dove possiamo trovare i tuoi lavori? Le persone possono ordinare pezzi personalizzati?

Il luogo migliore per vedere i miei lavori è su Instagram, dove è possibile anche contattarmi con messaggi diretti. Talvolta dal vivo quando partecipo a delle mostre collettive. Non tendo a lavorare molto su commissione, perché mi interessa lavorare sui soggetti scelti da me, però se si tratta di paesaggi, scene urbane o di arte figurativa, se ne può parlare.

https://www.instagram.com/lbaccini/