Giorgio Gosti

acquarellista

Giorgio ed io abbiamo fatto conoscenza quest’anno al Conventino durante una riunione dei soci di AcquaFirenze. Quando ho saputo che avrebbe fatto un workshop, ho deciso già allora che lo avrai intervistato.

Giorgio, presentati ai lettori, per favore. Ho saputo che lavori come insegnante di fisica e contemporaneamente ti dedichi alla pittura. Potresti raccontarci come hai scoperto la tua passione per la pittura?

La passione per la pittura e per il disegno è sempre stata parte di me. Sin da bambino ho avuto un’attitudine per il disegno, è qualcosa che mi è sempre venuto naturale. Successivamente, si è sviluppata una passione anche per la tecnologia e la scienza, ho studiato fisica e ho avuto diverse esperienze lavorative. Attualmente insegno matematica e fisica in un liceo, tuttavia, la pittura e il disegno sono sempre stati presenti, sono le mie compagnie costanti lungo il percorso.

I tuoi acquerelli sono straordinari. Hai impiegato molto tempo per trovare il tuo stile artistico e la tecnica che ti risuonasse di più? Quali altre tecniche hai sperimentato lungo la tua carriera?

La pittura e il disegno sono una ricerca continua, che non smette mai di evolversi. Ho provato molte tecniche nel corso del tempo. Sono passato dall’utilizzo dell’acrilico alle tempere e all’olio. Ho sperimentato anche il trompe l’oeil e l’incisione. Insomma, ho provato molte cose diverse e ho fatto varie scoperte lungo il percorso, ho anche lavorato con gli acquerelli. Quest’ultima è la tecnica che più mi appassiona, anche se ho avuto l’opportunità di esplorare molte altre tecniche e di fare molte esperienze interessanti.

Treno, acquerello, 35×53 cm, 2023

Ma hai studiato arte o sei autodidatta?

Ho seguito alcune scuole d’arte quando vivevo in Lombardia, quindi ho avuto un certo grado di formazione in quel contesto. Tuttavia, non ho frequentato un’accademia delle arti, mi sono dedicato allo studio della fisica, ma contemporaneamente ho continuato a coltivare la mia passione per l’arte partecipando a concorsi e frequentando corsi dedicati.

Qual è il legame tra la fisica e l’acquerello? Come queste due discipline si influenzano reciprocamente nel tuo lavoro artistico?

C’è un legame abbastanza stretto tra di loro. La fisica e la scienza in generale richiedono creatività, proprio come l’arte. Il mio lavoro di ricerca, sia nel settore pubblico che in quello privato, richiedeva una buona dose di originalità. Allo stesso tempo, la pittura ad acquerello mi consente di esprimere la mia creatività in maniera differente, sfruttando l’uso dei colori e delle tecniche pittoriche. Inoltre, la mia conoscenza della fisica e dei principi scientifici mi aiuta a comprendere meglio la luce, la prospettiva e altri aspetti tecnici che influenzano il mio lavoro artistico. Quindi, c’è un’interazione reciproca tra la mia formazione scientifica e la mia passione per l’acquerello, che arricchisce e ispira il mio lavoro artistico.

Parliamo di AcquaMilano. Quando hai fondato questa associazione e quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a farlo?

In realtà non frequento più il gruppo di Milano da quando ho lasciato il lavoro in Lombardia. L’esigenza, insieme ad altri, era di trovare persone con cui condividere la passione per la pittura en plein air e l’amore per l’arte. Così è nata l’idea di creare l’associazione AcquaMilano. Quando mi sono trasferito in Toscana, ho lasciato l’associazione a un’altra persona che si occupa di gestirla. Attualmente, frequento AcquaFirenze e Urbansketchers Firenze. Condivido la mia passione artistica con questi gruppi, trovando piacere nell’unirmi a loro.

Tramvia a Milano, acquerello, 35×53 cm, 2023

Sei un’appassionato di viaggi e hai molteplici interessi. Ci puoi parlare di ciò? Quali sono i tuoi luoghi preferiti da visitare? Qual è stata la tua esperienza di viaggio più memorabile? Ti dedichi anche alla pittura durante i tuoi viaggi?

Uno dei miei interessi e passioni principali è sicuramente il viaggiare. Ho avuto l’opportunità di visitare molte parti del mondo e ho vissuto anche per un certo periodo all’estero, un po’ negli Stati Uniti. Durante i miei viaggi, mi piace portare con me un taccuino di viaggio e documentare le mie esperienze. Ne ho diversi, mi spingono a un modo di viaggiare più lento, prendendomi il tempo di fermarmi, fare schizzi e dipingere, rendendo così il viaggio un’esperienza più consapevole. Molti viaggi mi hanno affascinato, ma quelli in Africa li rifarei sempre. In particolare, i safari fotografici in Tanzania, Sudafrica, Botswana, Namibia, Madagascar e Senegal mi hanno regalato esperienze indimenticabili. Ho avuto l’opportunità di fotografare e disegnare gli animali, altra mia grande passione. Ho tuttavia altri interessi come il ballo, che ho praticato per diversi anni, e coltivo la passione per il teatro frequentando una compagnia teatrale. Questi sono tutti aspetti che arricchiscono la mia vita e mi regalano bei momenti.

Leonessa, acquerello, 35×53 cm, 2021

Quali sono le principali fonti di ispirazione per le tue opere? Ho notato che il tema “Figure in movimento”, come il titolo del workshop di oggi, ricorre spesso nelle tue opere. Potresti spiegarci il significato che si cela dietro a questo tema?

Sì, hai ragione. La figura in movimento è un tema che ricorre spesso nelle mie opere. Mi piace rappresentare il movimento delle persone, degli oggetti e degli animali, in particolare i cavalli. Cerco di catturare il loro movimento e rendere visibile l’energia che trasmettono quando corrono. Mi piace dipingere anche sciatori o golfisti, perché posso rappresentare il movimento delle persone mentre praticano il loro sport. L’obiettivo è rendere le opere dinamiche ed energiche, preferisco creare dipinti che siano vivaci e in movimento. Il tema “Figure in movimento” del workshop di oggi si collega a questa mia passione.

Lo sciatore, acquerello, 35×53 cm, 2023

Puoi descriverci il tuo processo creativo? Come traduci le tue idee in opere d’arte?

Il mio processo creativo è abbastanza semplice. Spesso trovo ispirazione nelle foto che mi piacciono e le utilizzo come punto di partenza. Tuttavia, non cerco di essere troppo fedele all’originale, ma piuttosto di rielaborarla e mettere il mio tocco personale. Quando invece dipingo paesaggi, li creo direttamente senza prendere ispirazione da immagini di riferimento. Quindi il mio processo creativo può variare: a volte parto da una foto, altre volte da un’idea che ho in mente per realizzare la mia opera. Inizio a volte con uno schizzo iniziale utilizzando la matita, che può essere più o meno preciso. Altre volte, soprattutto per paesaggi e simili, inizio direttamente con gli acquerelli senza fare un bozzetto. In questi casi, ho già un’idea chiara in mente e procedo direttamente con i colori.

Qual è il tuo punto di vista sul rapporto tra l’arte e il pubblico? Quali sono i tuoi obiettivi quando esponi le tue opere?

Questa è una domanda un po’ difficile. Il mio obiettivo principale è suscitare emozioni in chi guarda le mie opere. Anche se dipingo o disegno per soddisfare il mio bisogno creativo, è bello se le mie opere piacciono anche agli altri e suscitano qualcosa in loro, è un bonus, ma non è un obiettivo che cerco a tutti i costi.

In questo workshop ad esempio mi trovo abbastanza a mio agio perché, essendo insegnante, sono abituato a interagire con la gente, specialmente di fronte a trenta ragazzi con cui devo comunicare, spiegare e mettermi nei loro panni. Devo anche “recitare” un po’. Sono abituato a queste dinamiche perché ogni volta che si insegna, sia in classe che altrove, è come salire su un palcoscenico e fare la propria “recita”. Qui è la stessa cosa, sono a mio agio perché ho familiarità con queste situazioni.

Workshop “Figure in movimento” di Giorgio Gosti, organizzato da AcquaFirenze

Visto che sei a tuo agio col pubblico, ti chiedo: hai mai avuto una mostra o un’esposizione?

Quando ero in Lombardia ne ho fatte diverse, sia personali che collettive, ma poi mi sono un po’ stufato. Alla fine richiedevano troppo tempo e sforzo e preferisco utilizzare i canali online per far vedere le mie opere. È molto più semplice e comodo passare attraverso la rete anziché organizzare una mostra che richiede tempo e soldi.

Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato come artista e come sei riuscito a superarla?

Non ho sfide specifiche o grandi imprese da citare. Si tratta piuttosto di fare ciò che amo, dipingere, e trovare soddisfazione personale nel processo. La mia sfida più grande è cercare di migliorarmi, evolvermi e essere soddisfatto del mio percorso artistico. È un continuo impegno verso la ricerca di cose nuove e un miglioramento costante. Questa è la natura stessa dell’arte: un percorso senza fine di crescita e esplorazione.

L’unica difficoltà che sento, consiste nel cercare di sintetizzare sempre di più ciò che faccio, di ridurlo al minimo indispensabile. Sono un artista figurativo, le mie opere tuttavia, non sono molto dettagliate, anche se in realtà avrebbero molti particolari, io semplifico, cerco di ridurre il tutto a pochi elementi significativi.

Cavallo con fantino, acquerello, 35×53 cm, 2023

Hai qualche progetto o sogno nel campo dell’arte che vorresti realizzare in futuro?

Poiché amo viaggiare e amo dipingere, in futuro vorrei unire queste due passioni, magari organizzare viaggi e portare la gente a dipingere in diversi luoghi. In parte, l’ho già realizzato perché faccio il coordinatore di un’agenzia turistica e accompagno gruppi in giro per il mondo. Quando i partecipanti sono interessati, porto con me i colori e dipingiamo insieme. Tuttavia, vorrei fare qualcosa di più specifico, organizzare un gruppo specifico e intraprendere un viaggio con artisti che desiderano sperimentare questa combinazione di viaggio, pittura e disegno.

Questa idea è molto bella! Ti piacerebbe organizzare qualcosa anche per AcquaFirenze?

Sì, certamente. Essendo noi di AcquaFirenze tutti artisti, si unirebbe la passione per il viaggio alla pittura. Non c’è niente di meglio per chi ama dipingere e viaggiare.

Infine, dove possiamo ammirare le tue opere? È possibile ordinare opere personalizzate?

Ho un sito personale, dove vendo i quadri che faccio, ma li promuovo anche su Instagram e Facebook. Lavoro anche su commissione, però, devono essere cose che piacciono anche a me, altrimenti non le faccio, devono essere compatibili con il mio stile artistico. Quando creo opere personalizzate, chiaramente il soggetto è definito dal cliente. Io faccio delle proposte, lui definisce il formato che desidera, può anche indicare dettagli specifici sul disegno, ad esempio se ci devono essere due figure e cosa queste due figure devono fare. Io elaboro le proposte, creando degli sketch e mostrando diverse opzioni di colori. Se il cliente è soddisfatto e le proposte gli piacciono, si procede con la realizzazione dell’opera.

https://www.giorgiogosti.com/

https://www.instagram.com/giorgiogosti

https://www.facebook.com/giorgio.gosti

Elettra Nistri

pittrice astrattista

Elettra ed io abbiamo fatto conoscenza in un pub nel centro di Firenze durante un evento culturale quest’anno a febbraio, dove ha esposto alcune delle sue opere insieme ad altri artisti.

Elettra presentati per favore ai lettori. Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?

Mi chiamo Elettra Nistri, vivo a Carmignano, ho 42 anni, ho due figli e due gatti. Ho iniziato il mio percorso artistico da poco. Prima lavoravo nel campo della moda, ma sono rimasta disoccupata. È stato a gennaio del 2023 che ho cominciato questa nuova strada, anche grazie all’ispirazione di mia figlia Luisa, che dipinge. Avendo i materiali già in casa, ho sfruttato l’occasione e ho provato un po’ per caso a dipingere. I risultati sono stati positivi e da lì ho iniziato il mio cammino artistico.

È a causa di questa “decisione per caso” che hai cambiato il tuo profilo Tiktok da “OG Panda” ad “elettra_pittricepercaso”?

L’ho rinominato perché prima mi occupavo di un progetto, insieme a mia figlia, basato su un suo disegno che rappresentava un panda. Il suo nome era OG Panda e pubblicavamo video e promozione di articoli con quel disegno. Adesso uso una nuova tecnica chiamata fluid art, non solo per soggetti inerenti al panda, ma per la pittura a 360 gradi. Essendo diventata pittrice per caso, mi piaceva mandare questo messaggio rinominando anche il profilo.

Principalmente sono quadri su tela, ma personalizzo anche magliette, borse e t-shirt. Proprio perché avevo questo progetto iniziale con mia figlia, che si è trasformato e si è evoluto con la fluid art che faccio adesso.

Cosa ti piace dell’arte astratta tanto da scegliere questo stile come mezzo di espressione?

Ho scelto l’arte astratta e quindi l’acrilico su tela e la fluid art perché mi permette di esprimere le mie emozioni, sia quelle positive e quelle negative. Quando verso i colori sulla tela, posso muoverli utilizzando l’aria, il mio corpo e vari attrezzi; sono fortemente guidata dall’istinto e dall’emozione del momento.

Dettagli di quattro dipinti diversi.

Come nasce una tua opera? Cos’è l’arte fluida, la tecnica fluida?

Solitamente dipingo sulla scia di forti emozioni che possono essere scaturite da eventi, esperienze personali o sentimenti del momento. Spesso, durante l’applicazione dei colori sulla tela, entro in una sorta di stato di meditazione. Con questa tecnica posso spaziare tra la gamma delle emozioni con i colori, muovendoli, sporcandomi e coinvolgendo tutto il corpo, le mani e l’aria. Per me, la pittura è un’esperienza sia fisica che mentale.

Dal punto di vista tecnico, utilizzo colori acrilici diluiti con acqua e olio di silicone, con un pouring medium, che li rende ancora più fluidi. Dipingo per lo più in piano, poi ci sono diverse tecniche che uno può usare per raggiungere l’obiettivo o il quadro che ha in mente di fare. La fluid art si presta molto all’improvvisazione. Magari parti con un’idea specifica, ma durante il processo creativo, un movimento dell’aria o della vernice può portarti a cambiare completamente idea o a modificare radicalmente il quadro. Questo ti permette di improvvisare e lasciarti trasportare dai colori e dall’arte. Secondo me, è proprio questa la bellezza della fluid art.

Ci sono tipi diversi di fluid art?

Ci sono tantissime tecniche: la flip-cup, cioè fare strati di colore in un bicchiere e poi rovesciarli, oppure creare strati direttamente sulla tela di uno o più colori e poi versarli a seconda del soggetto desiderato, guidandoli con l’aria generata da strumenti elettronici o semplicemente soffiando o utilizzando una cannuccia, quindi usando il proprio respiro. Ho provato anche altre tecniche come l’uso della resina, sempre combinata alla fluid art e l’acquerello. Però sono in fase di sperimentazione perché vorrei esercitarmi ancora di più. La mia tecnica preferita rimane comunque la fluid art, specialmente quando utilizzo il pouring e questo tipo di miscela di vernici. Mi permette di creare effetti come le bolle che consentono di mescolare i colori, mantenerli separati e creare aperture e miscelazioni inaspettate.

Che altre tecniche hai provato?

Ho cominciato con gli acrilici perché li avevo in casa, così come gli acquerelli e le tempere, e quindi li ho provati quasi tutti. Però vorrei frequentare dei corsi per avere una tecnica migliore. Un’altra cosa che ho provato è stata l’applicazione di uno strato di resina sopra il quadro per dare un effetto leggermente più lucido e anche per poter inglobare dei materiali come brillantini, scaglie dorate o sale. Quest’ultimo assorbe il colore e l’acqua, quindi ho applicato uno strato di resina che ha dato un bel risultato materico e colorato.

A proposito, un amico architetto ha visto i miei quadri, gli sono piaciuti e mi ha chiesto di realizzare un piccolo campionario su delle mattonelle utilizzando la fluid art, successivamente ricoperte di resina per essere utilizzate come elementi di arredo.

Potresti parlare del tuo rapporto con i colori? Quasi tutti i tuoi dipinti sono molto colorati. I critici non ti dicono di usare meno colore?

Questa domanda mi piace molto perché alla fine tutto si basa sul colore, almeno per me. Io adoro i colori, come si vede dalle opere che creo. Inizialmente ho attraversato una fase in cui realizzavo quadri molto scuri, utilizzando il nero, l’argento, l’oro, il bianco e il grigio. Poi sono passata ai colori e, sinceramente, durante le esposizioni e le mostre non ho ricevuto critiche negative riguardo ai colori. Ho realizzato un quadro chiamato “My broken rainbow”, in cui ho utilizzato tutti i colori dell’arcobaleno, insieme al bianco, al nero come base e all’oro. Al momento sembra che i colori siano proprio il mio punto di forza. Pertanto, continuerò ad utilizzare i colori perché mi piacciono, mi piace sperimentare e mescolarli, e noto che le opere più vivaci e colorate sono quelle che colpiscono di più l’occhio e vengono apprezzate maggiormente.

My broken rainbow, acrilico su tela, 50×70 cm.

Qual è se esiste la dimensione del quadro ideale per te? Vedo che stai sperimentando anche in tal senso.

Sto sperimentando diverse dimensioni. Inizialmente ho lavorato su tele piccoline e poi sono passata a tele sempre più grandi. La più grande che ho realizzato è di 50 cm per 80 cm. Tuttavia, vorrei continuare a realizzare tele sempre più grandi perché mi permettono di utilizzare una maggiore quantità di colore e di dipingere anche con il corpo, applicando il colore direttamente sulla pelle e poi trasferendolo sulla tela. Mi piacerebbe creare qualcosa di molto, molto grande, ma a causa delle limitazioni di spazio è difficile esprimermi al meglio senza “impiastricciare” tutta la stanza.

Elettra a casa con i suoi quadri di diverse dimensioni.

Immagazzini tutti i tuoi quadri a casa?

Per ora, sì, li tengo nella stanza in cui dipingo. Li posiziono su cavalletti o su espositori realizzati da me con materiali di recupero. Insieme al mio compagno, creiamo sia i cavalletti che le cornici, utilizzando esclusivamente legno recuperato. Avendo un passato da falegname, mi sta aiutando e istruendo in questo processo. Gestiamo tutto noi, incluso la realizzazione delle tele con stoffa recuperata, in questo caso, lino trattato con materiali naturali. Sto attualmente lavorando su un progetto interamente realizzato con materiali da recupero.

Ma c’è una filosofia dietro l’utilizzo dei materiali recuperati?

In questo momento, desidero ridurre al minimo l’impatto sull’inquinamento del pianeta. Ho avuto l’idea durante l’invito a partecipare all’EcoFestival che si terrà proprio nel mio comune di Carmignano il 17-18 giugno. Questo festival ecologico, insieme alla conoscenza e professionalità del mio compagno, mi ha spinto a voler provare a creare tutto in modo artigianale. Penso che questo possa aggiungere un valore all’opera sia come risultato del nostro lavoro e dell’energia che vi mettiamo, sia in termini economici. Inoltre, posso recuperare molti materiali che altrimenti verrebbero gettati via o considerati scarti. Ottengo legno dalle falegnamerie che non lo utilizzano più, amici che lavorano in cantieri mi forniscono legno e mattoni che altrimenti verrebbero buttati, e ho amici che lavorano nelle tessiture che mi donano pezzi di tessuto o filati che altrimenti verrebbero scartati. Unisco tutti questi materiali e vedo cosa riesco a creare. Ho iniziato da poco questa pratica, inizialmente mi dedicavo alla fluid art, ma ora sto combinando arte e artigianato.

Come vengono realizzati le cornici in legno recuperato.

A chi ti ispiri nella tua carriera? Hai una frase o citazione che ti sta a cuore?

La mia principale fonte di ispirazione è mia figlia Luisa, come ho menzionato in precedenza. Ha soli 12 anni ma, è dotata di un talento straordinario nel disegno. È stato proprio grazie a lei che ho scoperto l’arte, poiché in casa avevamo già tutti i materiali necessari. Man mano che il tempo passava, dipingere è diventato un vero e proprio bisogno per me, è un momento di meditazione in cui mi immergo in un mondo tutto mio. Attraverso la pittura, riesco a canalizzare l’energia e allo stesso tempo a trarne nutrimento. Quando non dipingo, ne sento davvero la mancanza.

Una frase che mi ha profondamente colpito e che mi piace molto, tanto che l’ho stampata sui miei biglietti da visita, è di Van Gogh: “Sogno di dipingere, poi dipingo il mio sogno.” Questa citazione risuona fortemente con me, poiché sono sia una sognatrice notturna che diurna. Sogno intensamente, anche di dipingere. La mattina ho molti impegni, ma vorrei dipingere quello che ho sognato e durante il giorno continuo a sognare e a ragionare di altri progetti. Ho una mente piena di idee e credo che il fatto di sognare costantemente sia stato un aspetto positivo che mi ha spinto a continuare a coltivare la mia passione artistica, nonostante la mia età di 42 anni e la mancanza di lavoro.

Seguendoti sui social, vedo che partecipi spesso a fiere, a piccole mostre, a presentazioni. Come e dove trovi queste opportunità?

La prima mostra si è tenuta a Firenze, scoperta grazie ai social media. Durante l’evento, ho fatto nuove conoscenze che mi hanno aiutato a ottenere contatti per futuri progetti espositivi. Nel frattempo, mi sono unita a diverse organizzazioni attraverso le quali ho avuto accesso a ulteriori opportunità di esibizione. Tra gli altri, faccio parte delle seguenti associazioni: Etruria Eventi (organizza diversi manifestazioni, fra cui Brocantage e Arte Sotto gli Archi), Livorno Artistica, Io Creo (composta principalmente da donne residenti nel comune di Carmignano) e Pane di Luna. Come ho detto prima parteciperò all’EcoFestival a Carmignano, ma poi, anche ai mercatini a Prato. Inoltre, ho trovato una piccola galleria che affitta spazi agli artisti durante la stagione estiva, a San Vincenzo. Faccio tutto questo perché amo essere presente e mettermi continuamente alla prova.

Elettra con i suoi quadri al mercatino di Dicomano.

Riesci a coordinare facilmente la pittura, il lavoro, la famiglia e la pubblicazione sui social media?

Essendo nato tutto dopo la perdita del lavoro, riesco abbastanza bene a gestire la situazione attuale. Anche se non è facile, in quanto madre di due figli e separata, anche se ho un compagno, devo affrontare diverse sfide. L’entusiasmo tuttavia non mi manca e mi piace davvero farlo. Sono grata alla mia famiglia per il loro sostegno e aiuto, sia per le critiche che per i consigli e le opinioni nelle scelte che faccio. Ringrazio il mio compagno Juri, che ha condiviso con me la sua competenza nella falegnameria. Grazie a tutti loro riesco a ottenere delle soddisfazioni personali che mi spingono a continuare nonostante i sacrifici.

Come ti vedi nella tua carriera artistica tra 5 anni? Come immagini il tuo futuro?

Spero di studiare e perfezionarmi sempre di più, vorrei continuare a dipingere, aprire una piccola galleria o avere magari uno dei miei quadri da qualche parte del mondo. Mi piacerebbe avere uno spazio, un piccolo gioiellino tutto mio, dove accogliere i clienti con un’ospitalità personalizzata. Preferirei che fosse a Firenze, la ritengo migliore come punto strategico, artistico, turistico, commerciale, anche se a Carmignano ci sono dei paesaggi bellissimi e una bella galleria tutto a vetri su una collina, sarebbe di bell’effetto, anche se forse risulterebbe un po’ fuori mano.

Colline di Carmignano.

Quando partecipo agli eventi organizzati da altre persone, spesso la finalità è più di promuovere l’evento che gli artisti stessi. Noi artisti invece portiamo noi stessi, ci mettiamo le nostre emozioni, quello che abbiamo dentro, i nostri colori, il nostro umore, la nostra anima. Mi dispiace che in tanti monetizzano l’artista e non investano invece su quello che è il messaggio artistico e umano.

In futuro, vorrei organizzare qualcosa insieme ad altri artisti perché è sempre fonte di grande ispirazione. Non ho paura di essere copiata o invidiata, ma piuttosto credo nell’aiutarci reciprocamente e attivarci insieme. Fortunatamente, ho trovato molti colleghi che la pensano come me, e attraverso il passaparola partecipiamo agli eventi e lavoriamo insieme. Questo è un aspetto molto bello anche dal punto di vista sociale, poiché veniamo da un passato di chiusura e invece bisogna riaprirsi un po’ agli altri, all’arte in generale.

Infine, dove possiamo trovare i tuoi lavori? Le persone possono ordinare pezzi personalizzati?

Potete trovarmi su Facebook, Instagram, TikTok, ma ho anche un canale YouTube. Inoltre, i miei lavori sono disponibili su Mondo Artisti, un sito dove sono presenti una decina delle mie opere.

Attualmente ho un progetto in corso in un hotel a Poggio a Caiano, dove verranno esposti una dozzina dei miei quadri, quindi sarà come una piccola mostra. Inoltre, al centro commerciale “I Gigli” ci sarà una mostra sull’integrazione Italia-Cina, nella quale presenterò due delle mie opere.

Confermo che accetto anche lavori su commissione, anche se desidero sottolineare che ho bisogno di libertà per creare al meglio. Posso personalizzare la dimensione e i colori in base alle preferenze, poi il resto ce lo metto io. Solitamente faccio un sopralluogo nel posto dove andrà poi il quadro, oppure richiedo delle foto dettagliate per capire i colori che si combinano al meglio.

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Lucia Baccini

artista/urban sketcher

Lucia ed io ci siamo conosciute ad ottobre 2018, durante un incontro per disegnare in Piazza Poggi a Firenze. Ho saputo del programma tramite il Firenze Drawing Club, ma era un evento congiunto con Urban Sketchers Firenze.

Lucia, presentati per favore agli altri, lavori come architetto e dipingi nel tuo tempo libero, giusto? Come ti definisci? Come architetta o come pittrice?

Di questa domanda mi colpisce la parola pittrice, perché per me prima della pittura viene il disegno. Questo è forse l’origine del mio essere un’architetta, perché il disegno di architettura è stato il mio modo di portare in un’attività professionale quella che era la mia passione di sempre. Sin dai miei primi ricordi di bambina, ho sempre amato disegnare. Ho stabilito questo compromesso che ha funzionato felicemente per 20 anni. Ed è anche una cosa di cui sono piuttosto orgogliosa. E adesso c’è questa tua domanda che mi fa riflettere. Lavoro come architetta e nel tempo libero faccio la pittrice o l’artista, o forse è meglio dire: l’aspirante artista? Autodefinirsi artista sembra presuntuoso, no?

Io mi definisco un’artista, e non mi sento presuntuosa affatto. Fare l’artista ha ugualmente valore come fare qualsiasi altro lavoro. Se ti senti un’artista, va bene così.

Allora, nel punto attuale del mio percorso, comincio a sentirmi più un’artista che comunque fa l’architetta, poiché al momento è quest’ultima l’attività principale.

Qual è il tuo momento ideale della giornata per dipingere?

In questa fase della mia vita, sicuramente il momento migliore è la sera quando trovo quegli attimi di quiete e di tranquillità, a volte anche di isolamento, di cui ho necessità per realizzare le mie cose. Questo ovviamente vale per un certo tipo di lavori, quelli che posso fare in studio, l’attività di urban sketch invece necessita di svolgersi dal vivo, quindi all’esterno e questa attività ovviamente devo svolgerla alla luce del sole, di giorno.

Sì, so che esci spesso con altre persone a disegnare e dipingere.

Esco con i membri del gruppo di Urban Sketchers Firenze che permette alle persone, anche solo di passaggio a Firenze, di unirsi e venire a disegnare. Questa è un’occasione bellissima, di incontrare persone che condividono gli stessi interessi, pur venendo da contesti diversi. Con questo gruppo facciamo degli incontri nel fine settimana, quando più o meno tutti siamo liberi dagli impegni lavorativi e ci ritroviamo a Firenze o nei dintorni. Quando le condizioni meteo sono un po’ avverse, talvolta ci troviamo all’interno di musei oppure di posti interessanti al chiuso come possono essere la Biblioteca delle Oblate, la Manifattura Tabacchi, il Santarosa Bistrot, uno dei nostri posti preferiti, o il Conventino. Abbiamo dei luoghi che amiamo e in cui ci ritroviamo per disegnare insieme quando non possiamo stare fuori.

Cupola di Santa Maria del Fiore, vista dalla Biblioteca delle Oblate. Tecnica mista su taccuino.

Un’altra cosa che amo fare e che negli ultimi due anni si è sviluppata in maniera crescente, è il disegno di figura. Per questo tipo di attività uso delle foto di riferimento che prendo dal web, immagini libere da diritti. Tuttavia amo più disegnare dal vero e anche a Firenze ci sono diversi posti dove è possibile farlo. In piazza Santa Croce, c’è uno studio (Santa Croce Arte), dove si tengono le “Sketch Night” che frequento abbastanza spesso. Anche “Sotto al British” è un ottimo posto per fare figura dal vivo. Di sicuro ci sono anche altri luoghi che magari semplicemente per motivi di orario o per motivi logistici non ho avuto modo di provare, ma che sicuramente sono di mio interesse o lo saranno in futuro.

Figura eseguita dal vero con tecnica mista (matita acquerellabile, acquerello).

Da dove nasce l’idea di fondare il gruppo fiorentino di Urban Sketchers?

Io sono venuta a conoscenza dell’esistenza degli Urban Sketchers nell’ormai lontano 2009 e capii che volevo farne parte. All’epoca esistevano tantissimi urban sketchers nel mondo ed in Italia, ma non ne conoscevo vicini a me. Scrissi a coloro che gestivano la piattaforma web del gruppo che volevo anche io essere elencata fra i membri che comparivano all’epoca nel loro blog. L’opportunità di fare un gruppo si è presentata un po’ più avanti quando cominciando a fare mostre di urban sketch e di taccuini di viaggio ho conosciuto altre persone e mi sono collegata ad altri sketchers fiorentini. Inizialmente ci incontravamo soltanto una volta ogni tre mesi in occasione degli sketch crawl internazionali che sono delle maratone di disegno, per realizzare sketch dal vero e pubblicarli su una piattaforma specifica. Durante questi eventi ho conosciuto ad esempio Roberto Malfatti, che ora è una delle colonne di Usk Firenze, ma il fatto che ci incontrassimo così saltuariamente non favoriva il formarsi di un vero e proprio gruppo. La svolta è arrivata quando ho conosciuto nel 2017 un gruppo che da alcuni mesi si ritrovava a Firenze per dipingere ad acquerello. Era il gruppo che ha formato Natus Rodríguez, il gruppo di Acquafirenze. Ovviamente a me questa cosa è piaciuta subito e ho cominciato a partecipare alle loro uscite. Fra i loro membri ho colto il desiderio di dare vita a un vero e proprio gruppo di Urban Sketchers. Così a settembre del 2018 abbiamo cominciato a fare delle uscite come Urban Sketchers Firenze.

Foto del gruppo Urban Sketchers Firenze, incontro nella piazza di San Pier Maggiore.

Su Instagram troviamo disegni e dipinti sia di architettura che di figure umane. Molto interessante questa dualità. Potresti parlare di questo?

I disegni architettonici derivano dalla mia formazione di architetta. Quando ho cominciato a fare i miei primi lavori ad acquerello, i soggetti a cui mi sono rivolta spontaneamente sono state delle vedute architettoniche e diversamente da molti allievi della mia maestra di acquerello, io ho sempre lavorato su fotografie mie, vedute che ritenevo interessanti, che mi emozionavano o magari anche collegate a luoghi che avevano un significato per me. Questo è il criterio che uso quando dipingo.

Uscita di Urban Sketchers Firenze in piazza Santa Trinita.

Sì, penso anch’io che sia importante trasmettere le proprie emozioni nella pittura.

Secondo me una fotografia interessante come se ne trovano tante in rete è già un’opera d’arte compiuta in sé e non sento il bisogno di operare il passaggio per farne un acquerello. Preferisco una fotografia forse non perfetta, ma fatta da me. Quando scatto una fotografia è perché stavo pensando qualcosa e mi è venuta l’ispirazione, da lì nasce tutto il lavoro. Poi ovviamente ci sono gli urban sketch, ci si ritrova in un certo punto della città, ci si guarda intorno, si possono ritrarre le persone, ma io solitamente preferisco le architetture, non tanto i monumenti da cartolina, ma l’insolito, qualcosa che colpisce la mia attenzione. Ecco, questo è il modo che preferisco usare per scegliere i miei soggetti.

Torniamo un secondo sui soggetti figurativi presenti sul tuo feed di Instagram. Quando hai iniziato a lavorare su di essi?

Se devo identificare il momento che ha acceso il mio interesse per questa tipologia di soggetti, direi che è stata la mostra di Jenny Saville che ho visto al Museo del ’900 a Firenze, dove erano esposti dei bellissimi dipinti e disegni. Quello che veramente mi ha colpito profondamente furono i disegni dei corpi. C’erano figure femminili e coppie. Mi hanno molto emozionato, sia per la tecnica, che per la loro qualità e mi hanno fatto desiderare di disegnare anch’io dei soggetti simili. Volevo esplorare anch’io questa cosa, sia il corpo femminile che mi coinvolge direttamente in quanto donna, sia il binomio maschile-femminile, perché comunque è un’esplorazione molto interessante sui corpi e sulle emozioni. Voglio menzionare anche Marlene Dumas e Tracey Emin che seguo e trovo molto interessanti. Hanno un modo di trattare la figura umana come corpo che esprime forti emozioni, che sento affine, e le considero un po’ le mie traghettatrici verso questo mondo in cui mi sto muovendo. In questo caso ovviamente è difficile lavorare dal vero, non è facile trovare soggetti. Facendo ricerche molto lunghe e laboriose sul web tuttavia si riescono a trovare delle cose buone che quasi sempre necessitano di una mia rielaborazione, ad esempio modifico la figura femminile rendendola somigliante a me. Ogni volta che disegno un corpo femminile in qualche modo sto disegnando me stessa.

Come ti rapporti con la sensualità dei tuoi quadri?

È un lavoro che più vado avanti e più si rivela appassionante e devo dire, trovo anche interessante le reazioni delle persone e dei miei amici. Qualcuno mi fa notare che sono eccessivi oppure che dovrei moderarmi, controllarmi. Non sono indifferente, ma allo stesso tempo sono consapevole che proprio queste reazioni che possono essere di fastidio o anche di ironia implicano che ho toccato le persone nell’intimo. Se li trovassero delle cose fredde, accademiche, probabilmente non susciterei altre reazioni che non giudizi prettamente tecnici. Mi sono ritrovata a riflettere anche sul corpo, che è in gioco in questi disegni, anche se è qualcosa di conflittuale, perché tendiamo a negarlo molto. L’attività stessa di disegnare è attività corporea. Per lo stesso motivo non sono riuscita finora ad appassionarmi alle tecniche digitali. Mettere un dispositivo fra me e il mio lavoro, in qualche modo mi crea un ostacolo, mi rende le cose più difficili anziché facilitarle come dovrebbe.

Nonostante i buoni consigli che comprendo e di cui apprezzo l’intento, non penso di smettere di ritrarre questi soggetti.

“Notte blu di fine estate”. Tecnica mista (matita acquerellabile e acquerello).

Parli di attività corporea legata alla pittura ma hai praticato sport o attività fisica?

Sì, ho studiato danza contemporanea per alcuni anni, e devo dire che ho cominciato a farla da adulta. Quindi l’ho fatto con una consapevolezza e con un approccio che è diverso da quello di chi vi si avvicina da giovane. Studiare danza contemporanea è stato dal punto di vista della conoscenza del corpo qualcosa di molto interessante. Ho scoperto cose che prima non avevo mai sospettato, ad esempio che il corpo ha una sua intelligenza, che si può vedere con la nuca e in generale che conosciamo molto poco il nostro corpo.

Più diventiamo esseri digitali, sempre piú il corpo rischia di restare dimenticato. Io vorrei invece che rimanesse sulla scena e mantenessimo sempre viva la nostra connessione con tutte le parti del nostro corpo.

Fabriano in acquerello. Com’è andata la selezione con il dipinto intitolato L’alba? Ho visto un post su questa competizione, partecipi spesso a questo tipo di eventi, gare?

Purtroppo non ho passato la selezione. Questo dipinto “L’alba” è un dipinto ad acquerello che rappresenta due figure insieme in un letto, si vede l’uomo che dorme appoggiato al corpo di lei che ha lo sguardo socchiuso. È un lavoro molto personale, riflette qualcosa di autentico che ho sentito, e ho scelto di mandarlo a questo concorso per aumentarne la diffusione.

“L’alba”. Acquerello su carta.

In passato ho partecipato alla selezione di Monza e di Urbino in acquerello. Sono occasioni importanti perché si è sollecitati a dare il meglio di sé per produrre qualcosa e questo è sempre uno stimolo interessante. Tuttavia, andando avanti nel tempo l’aspetto espositivo tende ad interessarmi meno, quindi non so se in futuro continuerò a partecipare.

Discorso diverso per le mostre “Festival Autori Diari di Viaggio” a Ferrara e “Matite in viaggio” a Mestre, festival dedicati ai taccuini di viaggio. In questo caso partecipare ha un significato diverso, si tratta di taccuini, non di quadri, è un momento di incontro e di scambio con altre persone. Lo scopo è quello di confrontarsi con gli altri, persone che fanno le stesse cose tue, ma in modo diverso e possiamo imparare gli uni dagli altri. Nel mio caso sono nate delle belle amicizie che stanno durando negli anni e spero ne nasceranno ancora.

Quali sono alcuni dei tuoi modi preferiti per lasciare segni nella tua pittura?

Una dei miei tratti distintivi, soprattutto negli ultimi lavori di sketch urbano, è l’uso del colore sia per il disegno sia nella pittura. Il colore dà un’emozione che il disegno da solo non suscita, forse è qualcosa che si rivolge più all’intelletto. È difficile emozionare col disegno, forse perché io ancora non ho quella espressività di disegno dei grandi artisti, al momento riesco a trovarla nel colore e mi sembra che funzioni bene. Non è escluso che sviluppi futuri potranno farmi cambiare.

Amo anche usare le tecniche miste. Perché fare un lavoro artistico oggi limitandosi dentro i confini di una tecnica codificata, può essere artificioso a volte. Mi piace molto abbinare tecniche diverse, vedere il pennarello che si fonde con l’acqua. Quando poi vado a colorarlo uso sia gli acquerelli che le matite, oppure a volte comincio con una penna e poi dopo finisco con le matite. Mi piace un po’ esplorare, devo dire che ogni mio lavoro è un esperimento e anche un’occasione per divertirmi. Questi taccuini di sketch che faccio in strada, sono un po’ una palestra di tecnica.

Lato posteriore di Palazzo Vecchio, realizzato durante un incontro di Urban Sketchers Firenze. Tecnica mista su taccuino.

Qual è un’opera d’arte che non hai mai dimenticato? Un’opera che hai visto in una mostra, un’opera di uno tuo amico, un’opera di un’artista famoso oppure una delle tue opere che ti significa tanto.

Vivendo a Firenze, frequentando musei e mostre, di opere d’arte ne conosco e apprezzo tantissime. Per i nudi, amo le figure di Matisse dipinte, ma anche quelle ritagliate e incollate.  Ho avuto modo di vedere dal vivo i suoi lavori, sia in una mostra a Ferrara alcuni anni fa, sia durante un viaggio in Costa Azzurra. Una cosa di lui che mi colpì moltissimo e che porto sempre con me è il racconto degli ultimi anni della sua attività artistica. Nelle fotografie che lo ritraggono è un vecchio signore costretto a letto, seduto in grosse difficoltà di movimento, che tuttavia creava usando pennelli collegati a delle aste che gli permettevano di raggiungere le pareti della sua stanza d’albergo. Dipingeva, oppure lavorava con il collage.

Se uno va a vedere i lavori che lui ha creato in questa maniera, c’è la massima gioia di vivere.

Ci sono queste figure danzanti, queste donne colorate dalle forme flessuose che saltano, danzano, una gioia di vivere proveniente da un corpo così duramente provato dalla malattia.

È una cosa che mi ha colpita in maniera definitiva perché penso che finché uno ha la possibilità di esprimersi e di creare, ha la possibilità anche di essere felice nonostante tutte le debilitazioni che la vita ci può infliggere. Una cosa che non potrò mai dimenticare e quindi sicuramente i suoi lavori sulla figura sono bellissimi, interessanti.

Per quanto riguarda il paesaggio mi piace Raoul Dufy che è dello stesso periodo e ha uno stile affine a quello di Matisse. La mia massima aspirazione sarebbe riuscire a dipingere le figure come Matisse, i paesaggi come Dufy.

Hai fatto propositi riguardo la tua arte per quest’anno?

Voglio trovare sempre più tempo per la mia arte. Penso sia una cosa condivisa da molti. Forse in altri momenti l’ho un po’ arginata. Ora è mia intenzione permetterle di avere sempre più spazio e vedere quello che succede. Vedo che più spazio le do, meglio mi sento.

Infine dove possiamo trovare i tuoi lavori? Le persone possono ordinare pezzi personalizzati?

Il luogo migliore per vedere i miei lavori è su Instagram, dove è possibile anche contattarmi con messaggi diretti. Talvolta dal vivo quando partecipo a delle mostre collettive. Non tendo a lavorare molto su commissione, perché mi interessa lavorare sui soggetti scelti da me, però se si tratta di paesaggi, scene urbane o di arte figurativa, se ne può parlare.

https://www.instagram.com/lbaccini/

Paolo Butera

pittore

Per primo ho intervistato il mio caro amico Paolo Butera, che ho conosciuto nel giugno 2022, durante una mostra collettiva, intitolata “Artists United”, che si è tenuta alla Florence Art Deposit Gallery.

Paolo, presentati per favore agli altri. Anche tuo padre era un pittore, giusto?

Sono nato a Catanzaro, in Calabria, nel 1956, poi a 4 anni mi sono trasferito con la mia famiglia a Firenze. Sì, anche mio padre era un pittore, si chiamava Francesco Maria Butera. Lui è stato il mio primo ispiratore, dipingeva arte figurativa nelle chiese, e preparava anche il presepe. A 6 anni mi portava in giro per Firenze, nel centro della città, ed anche dentro le chiese fiorentine. È stato il primo pittore della famiglia. È morto a 95 anni, nel 2010.

Quando lui preparava le opere per la festa dell’Immacolata e l’allestimento per il presepe io lo seguivo, e dopo la sua morte ho continuato a fare il presepe, questa cosa mi piace tantissimo. Addirittura sono arrivato a fare il ruscellino con l’acqua e le casine arabe, una cosa molto tradizionale, come mi ha insegnato lui.

Andavate sempre d’accordo?

Ci sono anche stati dei momenti di scontro artistico, perchè lui quando è venuto a Firenze continuava a fare arte figurativa, paesaggi, dipinti nelle chiese, in stile rinascimentale ad esempio un Cristo, che io posseggo e a cui sono molto legato.  Io dopo un po’ sono passato all’astrattismo, e lui mi ha detto „questa non è arte”, ma io gli ho risposto „senti, io di arte figurativa ne ho già fatta tanta anche a scuola. A me principalmente piace avere un foglio, una tela bianca, ed esprimere quello che ho dentro, te invece non fai altro che copiare ciò che hanno ideato altri”. Allora lui mi ha detto „queste che fai tu sono picate [in calabrese schizzi] e basta”. Avevo un foglio bianco in mano, gli ho detto „prova a fare te uno schizzo come lo faccio io se ti riesce”. Ha sbuffato e se ne è andato. C’è sempre la passione, il trasporto, anche il rispetto, però ero polemico.

Francesco Maria Butera, Cristo, olio su tela

Oltre al tuo babbo c’erano altri artisti nella tua famiglia?

C’era mio fratello, Enzo Butera, lui ha fatto sculture in vari paesi europei, era famoso come scultore, una mia sorella dipingeva mentre un altro fratello ha fatto un po’ di teatro. Insomma una famiglia dove l’arte si mangiava a colazione – detta alla fiorentina.

Parliamo del tuo lavoro: puoi parlare ai lettori del tuo stile artistico? Lo hai definito astratto.

Non disdegno il figurativo ogni tanto, ma principalmente io parto con dei colori e poi ci ripasso sopra con delle rifiniture che possono essere a penna oppure color argento, oro, ci rilavoro sopra spesso, un po’ come quando si prepara una torta moderna, prima è grezza, poi viene rifinita per bene. Però queste cose le faccio senza un progetto iniziale. Se per esempio vedo una bottiglia verde, in quel momento mi ispira il verde, io non rifaccio la bottiglia ma uso il verde e ci lavoro sopra. E mi piace tantissimo.

Insieme dei quadri realizzati da Paolo Butera

Chi ti ha influenzato di più nel tuo lavoro creativo? Possiamo dire che è stato il tuo babbo o no?

Il babbo mi ha fatto amare l’arte in generale, ma come influenza indicherei i grandi artisti del passato, per esempio Escher, che ha una mostra in questi giorni proprio a Firenze. Poi come pittore amo molto anche Modigliani. Inizialmente ho studiato un po’ di geometria ed architettura e mi veniva spontaneo usare diverse figure geometriche e poi trasformarle come al solito. Poi pian piano la figura geometrica è venuta meno e sono passato alla raffigurazione organica.

Altra ispirazione l’ho avuta dai pittori tipo Mondrian che usava molto il colore in forme squadrate. Poi c’erano i grandi del passato, Van Gogh per dirne uno o Gaugin che usavano tanto i toni del giallo inserendoli nel blu. Questi gialli erano intensi, sono queste le cose che ti fanno amare il colore. Certo, ogni tanto, non disdegno fare qualcosa in bianco e nero.

4-5 anni fa sono stato a Viareggio e per caso sono passato davanti allo studio di un pittore anziano, di oltre 100 anni, ma giovane nei pensieri e ragionamenti, si chiamava Michetti, lo avrei invitato volentieri per una cena „artistica”. È morto a 107 anni. Mi disse che preferiva i giovani di passaggio ai vecchietti come lui, poiché con loro poteva parlare dell’arte e non di malanni ed acciacchi. Anche lui era un artista figurativo ed astratto, dunque mi è piaciuto molto come persona.

Nell’arte si può spaziare da Michelangelo a Modigliani ad Escher. Ognuno ha qualcosa da trasmetterti.

Chi possiede i tuoi quadri?

Lavoravo in un ufficio in corte d’appello a Firenze dove entravano sempre avvocati, ero al pubblico e trascrivevo le sentenze, ed in quelle occasioni si creavano rapporti. Invece di tener appesa una fotografia, un manifesto, dietro la mia schiena mettevo i miei quadri. Qualcuno chiedeva di chi fossero i quadri, io rispondevo che ero io l’autore e presto si è sparsa la voce. Molti i miei quadri sono in studi legali, in uffici, o presso famiglie, i miei foulard le portano le avvocatesse.

Una volta è venuto un avvocato che mi fa „lo sai Paolo, sono stato in uno studio legale, e ho fatto, ma quello è un Butera” lo aveva detto senza vedere la firma, aveva riconosciuto il mio stile.

Mi sono sentito felice, è nato tutto come un’ispirazione, tutto quanto, e sta diventando una cosa piacevole, speriamo duri per altri 10 anni per lo meno.

Un mio quadro è addirittura finito in Olanda, ad Amsterdam. In un ristorante molto bellino e chic di Pietrasanta ho esposto un dipinto astratto, era solo una tela ma, un turista olandese se ne è innamorato, lo ha comprato, se l’è infilato sotto braccio ed è andato via come se fosse una baguette.

Paolo Butera con il dipinto “olandese”

Dove trovi ispirazione per il tuo lavoro attuale?

In questo momento sto preparando dei bozzetti per le nuove mostre. In pratica io parto dai colori, ho un periodo dove uso molto il viola, sarà perchè sono di Firenze, per la passione calcistica, c’è la Fiorentina, però mi piace fare degli astratti con il viola e fra un po’ farò una mostra di solo dipinti viola. Non la chiamerò „viola forever”, troppo semplice, forse „Firenze in viola”, non lo so. Anche per questi sono ispirato soprattutto la notte, mi piace la pace, il silenzio, la luce della lampada. Di giorno non ho problemi, posso dormire poiché sono in pensione e non vado più a lavorare. Ovviamente mia moglie la sera dorme e talvolta anche io siccome non dipingo tutte le notti. Lei è molto brava nel giudicare i miei dipinti. È sempre presente nella mia vita, l’anno prossimo facciamo 40 anni di matrimonio. Dunque mi conosce perfettamente.

Ho capito bene che anche tuo figlio dipinge? Che cosa è Buterart?

Buterart è un progetto creato insieme a mio figlio Andrea, il termine indica sia il dipinto che il foulard creato a partire dal bozzetto. Lui ha frequentato il liceo artistico, poi l’accademia di belle arti, ora fa l’insegnante di sostegno nelle scuole superiori, lui dipinge, a detta sua, anche meglio di me. Secondo me non c’è meglio o peggio ma se pensa così, vuol dire che l’ho spronato bene e sono contento se lui riesce ad esprimere la sua arte anche se superiore al babbo. Mio padre invece, pur volendogli un gran bene, non mi permetteva di attaccare i miei quadretti, sul muro dovevano esserci solo i suoi.

Come ti è venuta l’idea di far stampare le tue opere sulla seta?

Qualche anno fa alcuni amici hanno visto i miei dipinti e mi hanno detto perché non ne facessi dei foulard. „Questi colori sono talmente vivi che sulla seta risulterebbero ancora più forti”.

In passato ho giocato insieme ad un ragazzo che poi è diventato un noto produttore di stoffe ad Arezzo. Lui sapeva che disegnavo perché avevo fatto un post su Facebook di un mio disegno, scrivendo che se indovinavano il titolo, avrei regalato il bozzetto. Lui indovinó ed andai per consegnargli il premio, ma ne approfittai per chiedergli delle stoffe e di come portare avanti il progetto dei foulard. Lui chiamó i suoi contatti di Como ed io gli consegnai un secondo quadro dal titolo „Lenta visione” perché vi era raffigurato un albero colorato e sotto, fra le radici, c’era una tartaruga con gli stessi colori dei rami. Questo fu il primo foulard.

Quando doveva consegnarmi il foulard, siamo ritornati con mia moglie ma, inizialmente, non gliel’ho fatto vedere. A un certo punto, mentre eravamo in centro, dal mio zaino, l’ho tirato fuori e gliel’ho messo intorno al collo. È stato un momento toccante.

Dai dipinti ho fatto i relativi foulard, pochi pezzi, sono riuscito a venderne 13-14 facilmente.

Paolo Butera, Lenta visione, foulard (seta)

Parlando di momenti speciali, nella tua vita artistica, qual è stato il più emozionante?

Nei pressi della sede della Regione Toscana abbiamo fatto una mostra bellissima, il titolo era „Tre generazioni”. Avevo fatto un quadro dove c’era mio padre in alto, mio figlio in basso, e sulla sinistra io. Eravamo tutti e tre presenti. Mio padre era ancora in vita, e c’erano i quadri di tutti i tre. È stato un momento molto emozionante, anche perché è difficile che di tre generazioni tutti facciano pittura ma ognuno a modo suo.

– nella foto: Francesco Maria Butera (seduto), Paolo Butera (a sinistra), Andrea Butera (a destra),
– opera di Paolo Butera: Tre generazioni; Francesco Maria Butera (in alto), Paolo Butera (a sinistra), Andrea Butera (in basso)

Da dove vengono i titoli?

Posso dire che mi aiuta mia sorella Vanda. Anche lei dipingeva ed è una nottambula, per cui adesso la notte io le mando via whatsapp la foto del bozzetto e lei gli mette il titolo.

Nel caso del mio dipinto intitolato „Aborigeno”, il nome è stato dato da mia cugina, che vive in Australia, a cui ho regalato la versione su foulard. Nel vederlo ha pensato che avesse uno stile puntiforme, quasi aborigeno, da cui il titolo.  Il quadro originale invece è in uno studio legale del centro di Firenze. Tutti quadri hanno un’originale che io chiamo bozzetto.

Perché lo chiami bozzetto e non quadro?

Il bozzetto è un’idea, cioè è un quadro piccolino, di partenza, ma nel futuro ci sarebbe l’idea di fare un quadro più grande, non uguale, però. Ecco perché lo chiamo bozzetto. Molti artisti del passato hanno fatto i bozzetti, da alcuni sono venuti fuori dei quadri meravigliosi, altri sono rimasti tali. Nel mio caso sono 43.

Uno dei bozzetti di Paolo Butera

Sono parecchi, cosa vorresti farne?

Te lo dico in anteprima, io conto di arrivare a 99 bozzetti. Non so ancora quando, forse fra un anno e mezzo, ma voglio fare una mostra qui a Firenze. Si chiamerà 99.

Se mi chiedi perché non arrivo a 100 e la chiamo in quel modo, allora ti rispondo che 100 è la perfezione; siccome mi piace l’uomo e l’uomo non è perfetto, la chiamo 99.

Chi è stato il tuo più grande sostenitore o fan?

Potrei dirti mia sorella per l’aiuto con i titoli, ma chiaramente tutto il percorso l’ho fatto con mia moglie ed è lei la mia fonte di ispirazione ma è anche un giudice severo, se lei dice questo non mi piace, non la convinco. È giusto avere questo rapporto. Poi c’è un mio amico commercialista, che ha comprato foulard e quadri con cui ha riempito tutta la sua casa.

Vuoi aggiungere qualcos altro sulla tua arte?

È una cosa che mi fa stare bene, attraverso la mia arte, specialmente di notte quando sono da solo con me stesso ed ascolto della musica in cuffia, che sia leggera oppure sinfonica, vivo in un mondo mio. In quel momento riesco ad essere tutto uno con la tela o col materiale che ho vicino. E quello mi intriga molto. Dunque io consiglio la pittura anche come terapia. Ogni volta che dipingo sto bene. Sono stato male per due mesi e non potevo dipingere. Mi mancava la pittura.

Puoi dare agli altri artisti qualche suggerimento o indicare la strategia che segui per gestire feedback negativi o il rifiuto?

Per me devono esprimersi anche se ottengono dei pareri negativi. Siccome io reputo la pittura una terapia, anche se ricevo pareri negativi, quando io dipingo sto bene. Poi se ti riesci a vendere è un’altro discorso, ma se ad uno piace disegnare o dipingere, lo può sfruttare come momento positivo. Tutti esprimiamo qualcosa col nostro tratto, anche scarabocchiando su un foglio. È un modo di essere, ti fa sentire più presente nella realtà, è una cosa piacevole anche se si riceve feedback negativi. Poi ci sono dei pittori professionisti che forse sono in grado di parlarne meglio di me.

Infine, le persone possono ordinare pezzi personalizzati? Dove possiamo visionare i tuoi lavori?

Diciamo che le persone scelgono fra i miei pezzi, e mi possono chiedere un tema, ma poi intervengo di fantasia, comunque prova a chiedermi un pezzo personalizzato e vediamo cosa viene fuori. Se vogliono possono mettersi in contato con me tramite e-mail oppure tramite messenger.

Possono trovare le mie opere su Instagram, Facebook e sul mio sito web.

https://www.instagram.com/paolobutera56

https://www.facebook.com/paolo.butera

https://www.buterart.com/

buterart@gmail.com